Da circa 25 anni tutti i comuni pugliesi sono tenuti a versare alle confessioni religiose che ne facciano richiesta una parte non esigua degli oneri di urbanizzazione secondaria incassati nell’anno precedente.
In pratica per quanto riguarda Cellamare questo significa che ogni anno il Comune devolve parte delle tasse che i cittadini pagano (direttamente o tramite i costruttori) e che sono destinate dalla legge alla realizzazione da parte dei comuni di strutture di interesse pubblico, alla Chiesa Cattolica e, più precisamente, all’Arcidiocesi Bari-Bitonto territorialmente competente.
Gli oneri di urbanizzazione secondaria sono relativi ai seguenti interventi: asili nido e scuole materne, scuole dell’obbligo nonché strutture e complessi per l’istruzione superiore all’obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie. Nelle attrezzature sanitarie sono ricomprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate. (Art. 16 comma 8 del D.P.R. 380/2001)
Ora, che lo Stato del Vaticano, probabilmente il più ricco al mondo, avesse la necessità di questa ulteriore fonte di introiti per il proprio sostentamento è quanto meno discutibile, ma la legge è legge e bisogna rispettarla anche quando non ci aggrada.
1. I comuni, entro il 31 marzo di ogni anno, devolvono alle competenti autorita’ religiose una somma non inferiore al sette per cento dei contributi loro spettanti per oneri di urbanizzazione secondaria. (Art. 3 comma 1 della L.R. 4/1994)
Resterà, peraltro, da valutare se questa norma regionale non sia superata dalla variazione del Testo Unico sull’Edilizia introdotta nella legge di bilancio di previsione dello Stato per il 2017 al comma 460 dell’articolo 1.
Tornando però a Cellamare, in tabella sono riportati i dati relativi ai versamenti relativi agli oneri degli anni dal 2012 al 2017 effettuati a favore dell’Arcidiocesi e salta subito all’occhio il dato dell’ultimo anno. Nella delibera della Giunta Comunale del 9 marzo scorso, infatti, diversamente da quanto sempre accaduto negli anni precedenti, i 3 componenti presenti hanno deciso di devolvere non il 7% ma il 10%.
Nella delibera non si fa alcun cenno alla motivazione di questa mancia da quasi 1300 euro elargita pochi giorni dopo una vivace polemica innescata da Gianluca Vurchio sul prelevamento di 8000 euro dal fondo di riserva per l’acquisto di mobili.
La stessa legge prevede, inoltre, che le autorità religiose ogni anno trasmettano al comune “una analitica relazione sulla utilizzazione delle somme percepite” e che i comuni possano, quindi, recuperare le somme non utilizzate maggiorate degli interessi.
Sarebbe interessante se la fin troppo abbondante comunicazione degli amministratori locali si ispirasse un po’ di più alle vigenti norme sulla trasparenza spiegando ai cittadini le scelte che fanno e come vengono utilizzati i loro soldi.